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La storia del sartù di riso: un capolavoro tra Napoli e Francia
Il sartù di riso è un piatto simbolo della tradizione napoletana, nato nel Settecento da un incontro tra la cultura locale e l’influenza francese. Il termine “sartù” deriva dal francese 'surtout' (“copri tutto”), poi adattato al dialetto napoletano, e si riferisce alla crosta di pangrattato che avvolge il timballo.
Origini dell'uso del riso a Napoli
Il riso arrivò a Napoli nel XIV secolo, portato dagli Aragonesi, ma venne inizialmente ignorato e soprannominato 'sciacquapanza', per il suo sapore insipido. A corte era considerato un alimento medicinale, usato per problemi intestinali. La svolta arrivò con Maria Carolina d’Austria, moglie di Ferdinando I di Borbone, che portò a Napoli i cuochi francesi, i "monsù" (dal francese "Monsieur").
L’ingegno dei 'monsù'
Per conquistare i napoletani, poco inclini al riso, i 'monsù' crearono un piatto elaborato e gustoso: il sartù. Riso al dente, condito con sugo o burro, veniva arricchito con piselli, uova sode, polpettine, salsicce, provola e funghi, racchiusi in un involucro di pangrattato dorato. Il risultato fu un successo, conquistando nobili e popolo.
Le versioni del sartù
Oggi esistono due varianti principali:
- Sartù rosso, con ragù di pomodoro.
- Sartù bianco, senza pomodoro, più delicato.
Entrambe permettono una grande varietà di ingredienti, adattandosi ai gusti personali.
Piatti simili nel mondo
Il sartù si collega ad altri piatti a base di riso, come il timballo siciliano avvolto in melanzane, gli arancini e la paella spagnola.
Protagonista delle tavole napoletane nei giorni di festa, il sartù rimane un capolavoro che unisce tradizione e creatività.
E voi, lo avete già assaggiato?
Un saluto e alla prossima!
Marco